Mori e il tabacco

Non si contano gli studi e le pubblicazioni sulla coltivazione del tabacco a Mori e nelle zona limitrofe, a riprova dell'importanza di questo settore dell'agricoltura per l'economia delle famiglie contadine.

Queste verdi foglie hanno dato un contributo prezioso a far ripartire l'agricoltura dopo l'impoverimento della popolazione durante la guerra mondiale.

Ma forse non tutti sanno che la coltivazione del tabacco in Trentino non è iniziata nel novecento, esisteva ed era fiorente già nell'800. Solo che allora era diffuso il tabacco da fiuto, quello dei nostri nonni.

Nel suo libro “Mori nei miei ricordi e nelle mie reminiscenze” l’avv. Dr. Antonio Lutteri scrive: “Importante cespite di ricchezza in quell’epoca fu pure l’industria privata del tabacco da fiuto. Allora non c’era ancora il monopolio del tabacco, che entrò in vigore nel 1827. La coltura e la fabbricazione del tabacco erano libere. Il contadino coltivava il tabacco dalle ampie foglie, il quale, nel nostro suolo ferace, vegetava rigoglioso e profumato e lo vendeva alle masere, esercitate allora dalle famiglie Rigotti, Salvotti, Ariani ecc.

I maser adori mettevano in commercio la merce con precisa determinazione e distinzione delle varie qualità sotto i nomi di “uso Trento, scaglia, scaglia fina, radica ecc.

In quel tempo l’uso del tabacco da fiuto era generale; era penetrato perfino nelle alte sfere sociali, e a quel tempo risalgono le belle e ricche tabacchiere d’argento, d’oro e d’agata cerchiellate d’oro, che vidi in casa del sior Angelo Salvadori.

Dall’introduzione del monopolio governativo la borgata di Mori fu dunque privata d’una larga fonte di ricchezza e fu dato invece incentivo al contrabbando, con tutte le sue dannose conseguenze”.

 

Le masere dal dopoguerra in poi.

Dal 1945 in poi in Trentino erano attive 33 masere, 12 a Mori, 6 in Vallagarina, le altre dislocate a Riva, Rovereto, Trento, Valsugana e Valli Giudicarie.

Fino agli anni ’60 la coltivazione del tabacco rappresentava l’unica importante coltura industriale agraria della Provincia e le donne maseradore contribuivano ad integrare il reddito, spesso appena sufficiente, del marito contadino..

Una masera impiegava, mediamente, 35-40  operaie/operai. Il settore dava quindi occupazione a circa 1100 persone, in netta prevalenza donne.

Il lavoro delle donne

Erano le donne, infatti, le protagoniste nella lavorazione del tabacco, le “maseradore”.

Perché? Ecco le risposte nelle numerose interviste.

 Il direttore della Società Tabacchi: “ Era un lavoro particolarmente tagliato per le donne. Vedere un uomo alla cernita del tabacco sarebbe stata un’anomalia”. “ Non so se un uomo si sarebbe adattato a questo lavoro, che comportava non solo fatica, ma anche pazienza, tanta pazienza e destrezza”- dice un’operaia.

“La donna rendeva di più, sia per qualità che per quantità”- aggiunge un’altra.

Un ispettore del monopolio: “ Ah! Perché le pagavano meno, solo per quello!...le donne accettavano tutto, perché non c’era altra possibilità per loro; lavoravano anche 10-12 ore al giorno, sotto il sole, sotto l’acqua, al freddo, al caldo…”.

Erano scarse, in effetti, le garanzie sindacali, i diritti circa l’orario, il salario, la maternità e, in generale sulle condizioni di lavoro e insufficienti i controlli dell’Ispettorato del lavoro.  E non sempre venivano versati regolarmente i contributi previdenziali, soprattutto nei primi mesi di lavoro.

“Eppure tacevamo tutte”- chiosano tutte le intervistate.

Va ricordato, tuttavia, che nelle parole di queste  donne emerge anche la soddisfazione per il guadagno, seppur modesto e sudato , che dava loro un senso di emancipazione e autonomia,  i momenti di allegria nello stare insieme, la solidarietà fra le compagne. Oltre all’arricchimento delle loro esperienze, altrimenti confinate fra le mura domestiche.

L'abbandono della coltivazione del tabacco

A partire dagli anni ’60 nelle campagne si vede sempre meno tabacco; questa coltivazione cala progressivamente fino a scomparire.

Le cause:

-        l’insorgere della micidiale malattia “muffa blù”, la peronospora tabacchina.

-        La nascita delle prime fabbriche, dove si stava meglio e si guadagnava di più, quindi la mancanza di manodopera femminile

    La comunità di Mori non rimase con le mani in mano di fronte al venir meno del reddito agricolo derivante dal tabacco.

     La risposta fu il rilancio della viticoltura. Amministratori, grossi contadini, lo stesso decano posero la prima pietra, fondamentale, per incrementare la coltura della vite: la costituzione della prima Cantina Sociale, inaugurata il 12 ottobre 1957.