LA CAUSA PIA BATTISTI

Siamo convinti di fare cosa gradita al lettore portarlo a conoscenza della vera vicenda che ha dato il via alla fondazione della “Causa Pia Battisti”

Della cosa si sono fatte tante ipotesi, date tante interpretazioni, spesso errate. Per questo vogliamo qui fare un po’ di chiarezza su tutta la vicenda.

In piazza Cal di Ponte esisteva un palazzo, andato pressoché distrutto durante la prima guerra mondiale e, in seguito, completamente demolito, per fare posto, secondo il nuovo piano regolatore approntato negli anni venti, ai giardini pubblici (ora sostituiti dalla nuova piazza). Il palazzo apparteneva alla facoltosa famiglia Battisti. Il proprietario era un anziano signore, al quanto strano, avaro all’eccesso, in famiglia autoritario a tal punto da rendere impossibile la vita ai congiunti. Padrone di notevoli sostanze aveva un solo scopo: mantenere integro il cospicuo patrimonio.

 

Aveva due figli maschi e, per mantenere indivisa la sostanza, tanto fece che costrinse il figlio minore a entrare in convento e a farsi frate dell’Ordine di S. Antonio da Padova. Il giovane finì con il cedere alle continue insistenze del padre ed entrò in convento pronunciando, dopo tre anni, i voti perpetui.

 

Il padre, vedendo che il suo piano aveva raggiunto il suo scopo,  ne rimase soddisfatto, ma il suo carattere non mutò. Arrivò invece, anche per lui il momento della resa dei conti. Era il 1780, e la sua eredità passò al figlio maggiore, come era stato programmato.

 

E’ in questo momento che ritorna sulla scena il figlio minore, il quale, fece i passi necessari presso la Curia del Patriarcato di Venezia perché, con un processo canonico, venissero riconosciuti nulli i voti fatti, in quanto il padre lo aveva a questi costretto da violenza fisica e morale. La Curia veneziana emise sentenza favorevole al religioso mentre il Vescovo di Trento, direttamente competente in materia, respinse la domanda del frate, seppure patrocinato dal celebre avvocato civilista Barbacovi. Contemporaneamente anche il Tribunale di Trento, con sua sentenza, giudicava legittimo il testamento, ritenendo unico erede il fratello maggiore. Così il povero frate dovette rassegnarsi a rimanere tale osservando nella vita i voti di povertà, castità e obbedienza.

 

Il fratello maggiore, erede universale di un cospicuo patrimonio, era un tipo squilibrato, lontano dalla società civile, una persona senza amici. Viveva in quel grande palazzo in Piazza Cal di Ponte con la compagnia di un vecchio domestico. Una delle sue bizzarre trovate era quella di gettare manate di denaro dalla finestra del palazzo quando la gente usciva dalla Messa domenicale.

 

Un grande piacere infantile e soddisfazione era per lui assistere alle baruffe del popolino che si azzuffava per raccogliere da terra le monetine.

 

Stravaganza, non unica, certamente non paragonabile a quella nata dalla curiosità di veder quale fosse l’animale più resistente alla fame fra un asino, un cavallo e un bue. Acquistò le tre bestie e le fece rinchiudere in una stalla. Ogni giorno andava di persona a controllare la loro resistenza fino a quando non vide che fu il mite asino l’ultimo a morire. A questo punto scattò anche l’estro poetico: scrisse un panegirico nel quale metteva in evidenza la tenacia e la resistenza del povero asino nei confronti del nobile cavallo e del forte e mite bue. E lo volle leggere ad alta voce dalla finestra del palazzo, davanti a una piazza gremita di gente che ascoltava divertite. Così ci tramandò lo storico Lutteri.

 

Fu in seguito a questo fatto che le autorità pensarono di avviare contro di lui un processo di interdizione. Ma il Battisti, prima che il provvedimento diventasse operativo, scappò all’estero, non prima di aver steso un testamento nel quale indicava come eredi universali di tutti i suoi beni i poveri ammalati della Diocesi di Trento.

 

Da questa causa, che si protrasse per anni e che venne infine vinta dalla Diocesi, ebbe inizio la Fondazione “Causa Pia Battisti”

 

 

 

Articolo di G. Martinelli  

 

Tratto dal bollettino parrocchiale “MORI E LA SUA GENTE”  n° 40 primavera 2002