IL TRA ZO MARZ

Era costume di alcune valli del Trentino che nella prima se­ra di marzo i giovani del paese salissero sui colli e, acceso un gran fuoco per essere veduti in lontananza, iniziassero con un rituale semplice ma suggestivo, il « tra zo marz ». Con questa primitiva rappresentazione

leva festeggiare con grandi fuo­chi di gioia L'entrata di Marzo nei villaggi é con essa l'arrivo della stagione dei fiori e degli amori.

Potrà apparire strano che men­tre in regioni più meridionali della nostra, come la Toscana per esempio, venissero salutate le calende di maggio come ap­portatrici della buona stagione, nel Trentino la festa della pri­mavera e degli amori venisse celebrata nelle calende più ri­gide del Marzo. Ma è veramen­te col marzo che si esce dall'in­verno e la primavera reca i pri­mi fiori e la terra è feconda; è col marzo che inizia l'anno nel Medioevo, e con le calende ini­ziava I' anno civile di Venezia. Ma l'origine di questa festa si deve più probabilmente collega­re alle antiche usanze latine che nel mese di marzo celebravano le feste matronali in onore di Lucina e di Marte, che si era unito ad Ilia per dare i natali a Romolo.

Nelle prime sere di marzo dun­que, all'imbrunire, gruppi di gio­vani salivano a Montalbano, ai piedi dei vecchi ruderi del Ca­stello, ed acceso un gran fuoco, iniziavano la festa :

 

« Trà zo marz su questa tera

Per maridar 'na puta bela !

gridava uno dei giovani,

« chi éla ,chi no éla? »

chiedevano forte in coro i com­pagni ritti intorno al fuoco, men­tre nel paese, le donne, vecchie e giovani, si facevano più atten‑

te, e gli uomini aguzzavano le orecchie. Il dialogo quindi pro­seguiva :

« L'è la Tina del Moliner

A chi la dente ?

A chi non la dente ?

Al Tita che l'è da maridar !

Ghe l'ente da dar ? Denteghela! Ridenteghela!

 

A questo punto i ragazzi al­zando alte grida lanciavano in Contrada Lambel alla fine del secolo scorso.

alto in segno di allegria i tizzo­ni ardenti disegnando nel cielo buio arabeschi di fuoco. Poi il dialogo augurale si rinnovava per un'altra coppia, e così si prose­guiva finché non fossero stati passati in rassegna tutti i ma­trimoni possibili. Intanto dall'al­tra parte della valle, sulle coste di Tierno altri falò venivano ac­cesi iniziando anche da lassù a celebrare il marzo. Finita la se­rie delle nozze ragionevoli, il di­vertimento passava a dar marito anche agli scapoli e alle zitel­lone incallite del paese, per ar­rivare infine ad accoppiare la Perpetua con il Curato, che pro­prio per questo non vedeva di buon occhio questa festa paga­na e materialista.

 

A questo proposito il « Rac­coglitore » (giornale che veniva stampato a Rovereto) del 2 giu­gno 1885 riportando, come ogni anno, la notizia dei vari « tra zo marz » della Vallagarina, regi­strava un gustoso episodio: a Brentonico un cappuccino quare­simalista a cui i giovani del pae­se avevano attribuito una « moro- setta » locale, se ne offese tal­mente che chiuse il ciclo delle sue prediche negando al popolo la benedizione. Pochi giorni do­po la Sorna, il rio che impetuo­so scende dal Baldo verso Chiz­zola, portava via con una piena parte dei terreni coltivati. I su­perstiziosi attribuirono la scia­gura alla maledizione del frate che, come narrano le cronache, ebbe però a passare qualche brutto quarto d'ora.

 

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